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Sezione Poesia dialettale


 

Palma Tedone

Residente a Rapallo la scrittrice ha una produzione molto intensa che spazia dal romanzo alla poesia. Ha pubblicato con l'Edizioni Sibilla parecchi libri: "La donna che è in me," "Vite spezzate" e "Io Ivan Bladovic", un libro di poesie "Amore, vento e Mare" abbiamo selezionato quattro liriche. Leggendole si può comprendere che, le parole nate dal cuore possono creare poesie con espressioni che spaziano dal vissuto al fantastico aiutando in questo modo chi le scrive ma soprattutto chi sa interpretarle cogliendone l'ispirazione del momento.

 

Autore: Palma Tedone     -   ZENA     (GENOVA)

 

Zena a ciù bella

Zena a Superba  co a so Lanterna

Zena sitta de mà

coi so  camalli che descaregan

in to porto.

Zena me son persu

no’’te cunusciu ciu

Zena donde te

un cunigiu t’è diventa

E botteghe seran

i carruggi mo^an

in tu porto e navi van e vegnan

ma nu se ferman

e travaggiu nu ghe né

 i  camalli amia^n u mà e

incroxan e brasse.

In via xx settembre

e botteghe en ciù povie

e i negozi van tutti a Milan

anche a Lanterna a se stanca^

de illumina^u so mà

O Zena ritorna a Superba

comme quande eu figetta

cuscì torna a surie a gente in

te cariggi de seja

e u Zena i serie A

Zena famme sentì

u te coe cu batte

perché u me batte da sempre

pe ti.

 

Traduzione

 

Genova la più bella

Genova la Superba con la Lanterna

Genova città di mare

con i suoi camalli che scaricano

nel porto.

Genova mi sono perso

non ti riconosco più,

Genova dove sei

un coniglio sei diventata.

Le botteghe chiudono

i vicoli muoiono,

nel porto le navi vanno e vengono

ma non si fermano più a scaricare le merci

e lavoro non c'è ne,

i camalli guardano il mare

e incrociano le braccia.

In via XX Settembre

le botteghe sono più povere

negozi si trasferiscono tutti a Milano

anche la Lanterna si è stancata

di illuminare il suo mare.

O Genova, ritorna la Superba

come quando ero bambina

così tornano a sorridere le persone

nei vicoli di sera.

E il Genoa in serie A.

Genova fammi sentire

il tuo cuore ancora vivo

perché il mio vive da sempre

per Te.

 

 

Commento

La poetessa Tedone Palma, nella sua lirica sulla città di Genova, soprattutto se letta nel dialetto genovese, dà origine in modo istintivo ad una composizione immediata contrassegnandone l'intensità, attraverso la necessità di esprimere il suo rammarico per una città che ama, ma non sa più "cresce", con il grande rimpianto e amore che nutre per lei, per questo i vuoi versi scorrono ricchi e coinvolgenti, pieni di pathos ed emozioni.


 


STEFANO GUDERZIO

Genovese di nascita, coglie l'illuminazione poetica abbastanza presto, speriamo che coltivi questo interesse, come ne sta coltivando altri. Come può non amare il mare, un genovese, descriverlo in una composizione poetica, soffermandosi sui suoi numerosi aspetti, solo chi "vive" il mare come lui, il mare è anche un solidale e comprensivo compagno di vita, che può offrire motivi di dolcezza alle persone affrante dai pesi dell'esistenza. Una bella interpretazione del mare e sulla sua grandezza, che in lui denota amore e sensibilità lirica.

Poesia: O mâ o l’ha o seu nõmme

O mâ o l’ha o seu nõmme

No sta a domanda ninte

a chi a-o giõrno o l’ha l’öu che o brûxa i êuggi

L’è inûtile 

No sta a domanda ninte

A chi a-a neûtte o l’ha l’argento che ascõnde o fanâ a i êuggi 

L’è inûtile

No ti poi capî

No ti poi capî man cõmme e ramme d’oiva bõnn-e pe cûxî veie e pestâ pe a mõra in te l’ostaie,

Guei bõnn-e pe sõnâ aggaibè ebano e avorio drento i salotti d’o baccàn ,

Ma armoniche da fa strenze i ueggi in sce unna schêuggëa de rae

Fëi

Che doppo neuve meisi in sce-a rotta di monsoni quella mûxica consonua a no se saiä perdua ma restitua con un bæâ de denti de laete

No sta a domanda ninte

No sta a arröbâ do tempo a chi ghe n’a solo per preparâ quello ch’o sa e ninte de ciû,

O mâ o l’ha o seu nõmme,

No ti po capî,

O mä  

Traduzione: Il mare ha il suo nome

Il mare ha il suo nome 

non domandare niente

a chi di giorno ha l’ oro che brucia gli occhi

non capireste

non domandare niente

a chi di notte ha l’ argento che inganna il faro

non capiresti.

Non capiresti mani d’ulivo buone per cucire vele sui moli e picchiar di morra nelle osterie

non per suonare su ebano e avorio nei salotti a inutili dogi non di famiglia

ma armoniche da avvinghiare su scogli di reti ;

fieri che dopo nove mesi sulla rotta dei monsoni quella musica non si sarà perduta

Ma ritrovata in un accordo strillato da denti da latte.

Non domandare niente

non rubare tempo  a chi ne ha solo

per preparare quel che sa ,

niente di più.

il mare ha il suo nome,

Non capiresti,

il mare.

Commento. Leggendo questa poesia si comprende che il poeta ha "calpestato, toccato, sudato il mare". Sembra chiedersi, il mare è fatto di tante emozioni: è il mare! Non puoi domandare a chi all'improvviso dal mare volge il viso verso il cielo per sentire più vicino il sole caldo in mezzo ad un mare così immenso da perdersi nei pensieri. Non puoi chiedere niente a chi vive il miracolo del mare che cavalcandolo custodisce i suoi appassionanti segreti. Un intensa metafora della vita dell'uomo di mare, osservata con lucidità di giudizio, ed espresse con capacità poetica. Logicamente lette nel dialetto genovese si colgano molte sfumature, la traduzione ne impoverisce la spontaneità, l'immediatezza del poeta.


COLOMBANO ERCOLE

Come tutti i dialetti, sopratutto settentrionali, questo piemontese è un po' rigido non proprio musicale, ma questa poesia sa essere assai gradevole, forse perché suggestiva nel descrivere il mare di Jesolo. La prima parte il poeta descrive gli elementi: vento, temporale, mare con onde schiumose e sembra quasi un pretesto per esprimere l'amore che l'autore porta per questa bella cittadina. Poi il discorso si fa generale, e il vento e il mare diventano strumento di fantasia e di ricordi "...ma la realtà, i sogni belli li cancella..." Una lirica semplice e lineare, dall'linguaggio sciolto e limpido, che presta attenzione anche alla fatica e sofferenza: che per sfortuna diventano vecchi.

 

Poesia: Andé a spass longh la rivera (dòp n'orissi)

Ròp ëd giornà d'un calor sofocant,

a l'é n'ariv la sèira 'd feragost,

un maestral ch'a sofia fòrd dal mar,

e, bërbotan a rabla 'nt la rivera

ëd cavalon ëscumos e violent.

 

Ant un bat d'euj, tut ël cel a ven nèir

a minca tant së squarsa a lë splendor

ëd lë lòsne e, lë sturnì dle tronade

ch'a compagno n'orissi tempestos:

che mar e cel a fan nen deferensa.

 

Lassand vers di, na nebia bassa e s-ciassa

ch'as ved gnente, mi i son sol longh la riva

doa scarpiso cuchije bianche e reusa

e gaboland i vado a testa bassa

tra'l quaquaré, ch'a s-ciorgniss ëd j'ochëtte.

 

Antravëddo da lontan un pontin,

che pòch a pòch a dventa na përson-a

e ven anans, corend fòrt na totin-a:

fisich sèch, cavèj al vent, ch'as na và

lassand daré un përfum giovanil.

 

Col corpicion am conturba e' m fà arvive

la gioventù, j'agn passà n'alegrìa,

lë sgambassé con l'amor longh la còsta,

le novande sensa fin vers ël largh

dësmorand-se tra j'onde come 'd pèss.

 

Ma la realtà, ij bej seugn a-j cancela,

e da levant as leva 'l ro' dël sol,

a ramassa la nebia e a nass ël di,

a l'é paréj da sempe, da na vita

e pì che vej, për maleur, as ven nen.

                                                (Jesolo, ël 15 d'Agost ëd l'ann...)

 

Traduzione: Andare a passeggio lungo la spiaggia

                                              (dopo un temporale)

 

Dopo dei giorni d'un caldo soffocante

è in arrivo la sera di ferragosto,

un maestrale che soffia forte dal mare,

e gorgogliando trascina sulla spiaggia

delle ondate violente e schiumose.

 

In un batter d'occhio, tutto il cielo viene oscurato

e ogni tanto si squarcia allo splendore

dei lampi e del rintronare dei tuoni

che accompagnano un temporale tempestoso:

che mare e cielo non fa differenza.

 

Lasciando verso il giorno, una nebbia bassa e fitta

che non si vede niente; io sono solo lungo la spiaggia

dove calpesto conchiglie bianche e rosa

e fantasticando vado a testa bassa

tra il qua qua che stordisce dei gabbiani.

 

Intravedo da lontano un puntino,

che a poco a poco diventa una persona;

viene avanti correndo forte una signorina:

fisico secco, capelli al vento, che se ne va

lasciando dietro un profumo giovanile.

 

Quel corpicino mi conturba e mi fa rivivere

la gioventù, gli anni passati in allegria,

lo sgambettare con l'amore lungo la spiaggia,

le nuotate senza fine verso il lago

giocando tra le onde come pesci.

 

Ma la realtà, i sogni belli li cancella,

e da levante si alza il rogo del sole,

e porta via la nebbia e nasce il giorno;

ed è così da sempre, da una vita

e più che vecchi, per sfortuna non si viene.

 

    (Jesolo, il 15 d'agosto di...)


 

 

 

 

 

 






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